PERCHE’ IL COLLAGE PUO’ ESSERE CONSIDERATO “ARTE TAUMATURGICA”? - Riflessioni
L’arte del collage, “scoperta” o meglio “riscoperta” dagli artisti delle avanguardie del primo ‘900, possiede, forse più di altre forme artistiche, la facoltà di agire in modo benefico sulla psiche di chi crea e, si può supporre, anche di chi ne fruisce.
L’accostamento di immagini ritagliate può avvenire secondo criteri differenti, ma in ogni caso si tratta di figure che l’artista ha a sua disposizione, senza che debba in qualche modo progettare o partire necessariamente da un’idea o anche solo “pensare” a ciò che vuole creare. In questo caso, dunque, la psiche dell’artista rimane confinata nella sfera della sensorialità, che si realizza come una risposta allo sguardo rivolto all’immagine in questione. Si tratta di un modo di guardare particolare, che potrebbe essere definito uno “sguardo immersivo”, simile a quello dell’innamorato quando osserva la persona che è oggetto del suo amore: questo tipo di sguardo va oltre l’agire funzionale degli occhi e che fa sì che colui che crea si immerga spontaneamente nella forma che osserva.
L’immagine in questione potrebbe essere una scena violenta, che colpisce per la forza del messaggio di morte o distruzione e allora ne nascerà un’opera di denuncia, ma anche – sia per chi crea, sia per chi guarda – un catartico viaggio attraverso le proprie sofferenze e i propri traumi.
C’è poi il caso dell’accostamento irrazionale delle figure, un processo onirico utilizzato anche dagli artisti del movimento surrealista, che rompe gli abituali schemi del pensare quotidiano, per dare impulsi alla ricerca di nuovi percorsi e nuovi adattamenti alle dinamiche dell’esistenza.
Secondo Freud ”…la felicità nella vita viene cercata prevalentemente nel godimento della bellezza, dovunque essa si presenti ai nostri sensi e al nostro giudizio, la bellezza delle forme e dei gesti umani, degli oggetti naturali e dei paesaggi, delle creazioni artistiche e perfino scientifiche…
Il godimento della bellezza si distingue per un suo modo di sentire particolare, leggermente inebriante.” (S. Freud, Il disagio della civiltà, Milano, 1971, p. 218).
Vi è dunque l’ipotesi in cui l’immagine venga scelta per la sua bellezza e accostata via via ad altre figure che vadano a caratterizzarla o ad amplificare in maniera caleidoscopica la “sensazione” di bellezza che essa emana, come se osservata da più punti di vista.
Il fatto di iniziare un atto creativo senza l’ausilio del pensiero razionale conduce chi crea – ma anche necessariamente chi sa guardare l’oggetto creato, senza pregiudizi culturali e senza riferimenti a schemi estetici preordinati – nel mondo irrazionale dell’inconscio.
Jung viene oggi considerato il padre dell’inconscio collettivo, perché per primo scoprì e lavorò tutta la vita per comprendere e interpretare questo immenso bacino di forme, con cui ogni individuo della Terra è in qualche modo connesso. Secondo Jung la più significativa porta d’accesso all’inconscio sono i sogni, a cui occorre prestare attenzione per poter procedere nella propria vita secondo la direzione corretta, nel rispetto di ciò che si è, senza dunque dimenticare i propri bisogni, cercando di evitare un’ingerenza eccessiva alle aspettative degli altri, o che anche l’individuo stesso si impone, quando non ha consapevolezza di ciò che è.
Forse, in modo meno profondo rispetto ai sogni, ma sicuramente con lo stesso linguaggio simbolico, anche il collage permette che immagini del materiale inconscio risalgano in superficie, ed emergendo dal buio dell’ombra, attraverso questa forma d’arte, si riconnettano alla parte razionale della psiche, aiutando l’individuo a “far pace” con se stesso, con i propri traumi ed i propri sogni.





